Reggio Calabria – È secolare la storia reggina intrisa di una profonda religiosità e di un profondo sentimento di pietà popolare. Una storia che si rinnova grazie alla dedizione dei portatori della Vara, braccia protese a cullare la sacra Effige della Madonna della Consolazione. Gambe pronte a trasportarla tra la gente in preghiera e in festa. Cuore palpitante di fede che trova voce sul filo del grido “Ora e sempre Evviva Maria”.
Oggi è il giorno in cui si rinsalda questo legame secolare con la Madre Immacolata, nella quale il popolo reggino riconosce la propria Protettrice. Una promessa di fede che inizia a essere nuovamente pronunciata ogni anno, in questo secondo sabato di settembre, con la veglia di quell’immagine di Maria su un quadro in legno di noce incastonato in una lamina di argento, la messa di affidamento dei portatori alla Madre di ogni consolazione, la vestizione della Vara e la preghiera che accompagna la sacra Effige fuori dal Santuario dell’Eremo.
La vestizione della Vara e il dipinto
Il dipinto commissionato dal nobile Camillo Diano e realizzato su legno di noce dal pittore Niccolò Andrea Capriolo nel 1547, risiede nella maestosa pala d’altare, realizzata dallo scultore taurianovese Alessandro Monteleone. È la “vestizione” della Vara prima della discesa, uno dei rituali in cui maggiormente pulsano la fede e la devozione. Con gesti accurati e sapienti sono i portatori a posizionare la Sacra Effigie nella Vara, macchina processionale restaurata qualche anno fa.
Una promessa che si rinnova
È pronta per abbracciare e stringere a sè ancora una volta la cittadinanza di Reggio Calabria, sulle spalle dei portatori. Anche i fedeli sono pronti ad avvolgere i portatori e a scendere al seguito della Vara, fin dall’uscita dalla basilica dell’Eremo, sulle alture di Reggio Calabria.
Iniziano, così, dalle prime luci dell’alba il canto intimo e i cori del popolo reggino. Un sentire comune e profondo che unisce e si scioglie in applausi mentre la moltitudine di fedeli che cresce lungo la discesa, sostenendo e incitando i portatori.
Dall’Eremo al Duomo
Un cammino che testimonia affidamento e fede, sacrificio e devozione, consolazione e speranza. La tappa alla piazza della Consegna alla presenza delle Istituzioni cittadine, poi le fermate lungo il corso Garibaldi e la volata finale a piazza alla Duomo.
Qui nel cuore della città, dentro la cattedrale la sacra effigie dimora ogni anno in attesa di essere riportata là sul monte dove tutto ha avuto inizio, come leggenda narra, un giorno mentre un contadino lavorava la terra. Una storia di Amore corrisposto e mai sopito.
Una storia che si compie ogni anno e che poi si completa a novembre con il ritorno al Santuario sempre su quelle gambe, su quelle spalle, con quel cuore.
Sempre con quella devozione appassionata. Un atto di affidamento che non è fatica, ma un canto di preghiera offerto con spirito di servizio e fede.
Un dono che decanta solenne e instancabile. Una tradizione che si tramanda di generazione in generazione, come avviene tra i portatori tra i quali anima diciottenni e ultraottantenni. Esperienze che si intrecciano quasi a confondersi in unico afflato, come quelle braccia sotto e accanto alla Vara.
La Madonna vegliata dagli angeli
La Madonna in trono col Bambino in braccio, in alto due angeli tengono con la destra la corona della Madre di Dio e con la sinistra una palma. A destra della Madonna, San Francesco d’Assisi con il libro della Genesi nella mano destra e con la croce latina e in evidenza le stimmate sulla sinistra, e a sinistra Sant’Antonio di Padova con in mano il libro rosso chiuso e il giglio.
Pregiata la passamaneria di tipo rinascimentale del mantello di Maria. La rappresentazione della Madonna ricalca la scuola veneto-cretese, ispirata all’arte bizantina; dunque la Madre regge il bambino con la mano destra e lo indica con la sinistra e le loro teste hanno inclinazione opposta.
Il quadro fu donato da Camillo Diano ai frati Cappuccini che già nel 1532, si erano trasferiti all’Eremo, su terreno donato dal nobile Giovan Bernardo Mileto ai Minori Cappuccini. O forse fu oggetto di un ritrovamento prodigioso del quadro da parte dei contadini nelle pieghe della terra, sulle alture della Città di Reggio. Furono comunque i frati Cappuccini a portarlo tra le gente per la prima volta durante la terribile pestilenza di quegli anni.
La storia secolare di devozione
Risale al 1636 la prima processione anche se la devozione dei reggini è più antica. Una terribile pestilenza colpì Reggio nel 1567, flagellando la popolazione per dieci anni. Si narra che al frate Antonino Tripodi in preghiera apparve la Madonna che annunciava la fine dell’epidemia. Un annuncio rivelatosi premonitore. La peste cessò e iniziò un intenso cammino di affidamento, fede e devozione, di pellegrinaggi all’Eremo giunti fino ai giorni nostri.
Un cammino che nel 1752 è stato anche consacrato con il decreto della Santa Sede che ha dichiarato la Madonna della Consolazione avvocata del Popolo reggino e compatrona con San Giorgio della città di Reggio Calabria.
La leggenda tra le alture e il mare
Si narra che il quadro venisse sollevato e trasportato da pescatori nel Duomo della città, come oggi accade ogni secondo sabato di settembre. Nonostante questo trasferimento, ogni volta però esso riappariva lì in collina, dove secondo una leggenda sarebbe stato rinvenuto. Così si intreccia quella storia antica che oggi chiama i fedeli reggini a seguire il quadro nei suoi pellegrinaggi, dalle sue alture silenziose e raccolte dell’Eremo verso il mare al quale è rivolta la Cattedrale.
Fonte: Il Reggino.it